London Book Fair: l’editoria mondiale al salto del fosso. Mode, selfpublishing e nascite dei generi (I)

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Volendo rappresentare in parole la fotografia del mondo editoriale che è emersa dalla London Book Fair, la dipingeremmo come un quarantenne affannato nell’atto del salto del fosso. Ha ancora sufficienti forze per operare un salto e con una gamba è già oltre, ma l’altra gamba raccoglie tutto il peso del corpo e rischia pericolosamente di trascinarlo dentro. E mentre, col collo traverso, si porta una mano alla gola per slacciarsi la soffocante cravatta, nell’altra mano stringe disperato tablet e una marea di fogli che rischiano anche loro di precipitare nella pozzanghera senza fondo. Che succederà? Vincerà la dinamica che porta a saltare gli ostacoli, o la forza di gravità che spinge in basso? Per chi scrive non è possibile saperlo, e l’idea che ci siamo fatti camminando in su e in giù lungo i padiglioni dell’Earls Court è che non lo sappia, fino in fondo, nessuno.

IMG_1890Non c’è una prospettiva certa per il mercato editoriale mondiale, ed è questo forse, che produce la curiosa commistione di tentativi d’innovazione tecnologica d’avanguardia, tutti basati sulle possibilità offerte da internet, dal digitale e dall’eReading per così chiamarlo, con il ripetersi di convinzioni e pratiche secolari le quali, da che editoria è editoria, regolano l’appassionante lavoro degli editori: scambio di diritti, chiacchierate dal vivo, incontri, offerte e controfferte, rivalità, convincimenti, riunioni, passioni, scetticismi. Il brulicare umano dell’International Rights Centre al piano superiore, con centinaia di scrivanie simmetricamente disposte per favorire i faccia a faccia a luci soffuse – quelli che porteranno nei prossimi mesi a comporre i cataloghi delle case editrici – formava un contrasto netto con lo sfavillare degli schermi LED del piano terra e con i grandi padiglioni delle “digital solutions”. Ma anche al pianterreno, in verità, i rapporti di forza tra le case editrici si misuravano nella quantità, dimensione, bellezza dei tavolini a disposizione nello stand per fare affari. La London Book Fair è infatti una fiera sfacciatamente pensata per il business e come ci hanno detto i tanti responsabili dei diritti che abbiamo intervistato “niente potrà mai sostituire il faccia a faccia, il valore dell’incontro di persona, per poter siglare contratti e collaborazioni professionali”. Una fiera dell’incontro tra professionisti dunque, che non si rivolge direttamente ai lettori, per la delusione di chi, come Anna Zani per esempio, responsabile della biblioteca della facoltà di Lettere all’Università di Bologna, aveva deciso di partecipare “per ricevere nuovi suggerimenti in merito ai libri da adottare nella biblioteca nel prossimo futuro, ma vedo che qui di libri in mostra ce ne sono veramente pochi”.

Le storie – Quali saranno dunque le tendenze narrative del 2014 che tutti gli editori cercano di accaparrarsi ora? Detto così suona un po’ come chiedersi quale sia il colore della stagione, o se quest’anno la gonna vada sopra o sotto il ginocchio. D’altra parte, che l’editoria sia anche moda (quindi soggetta a picchi di popolarità e declini) non è qualcosa che si possa più negare. La domanda più interessante è forse allora: dove si formano le mode? La risposta, come spesso accade, è la più semplice possibile: per strada. Tradotto nel linguaggio editoriale: nel self-publishing. Quella dell’autopubblicazione non è la nuova moda, bensì il luogo in cui nascono le nuove mode editoriali, o se volete, le preferenze, o se volete, le esigenze. Random House da una parte e Mondadori dall’altra lo sanno più di chiunque altro, visto che il loro mercato 2012 è stato letteralmente salvato dalla trilogia autopubblicata più di moda e più venduta della storia (50 sfumature). Ma anche quello che Sandrone Dazieri di Fabbri Editori da noi intervistato a Londra ha definito “il colpaccio della Fiera venduto prima della Fiera”, Wool, è un romanzo fantasy-distopico in principio autopubblicato. Autopubblicato, e per di più con un esperimento social, è anche il caso Z del decennio, “Diario di un sopravvissuto agli zombie”. Autopubblicati, insomma, sono quasi tutti i più grandi casi editoriali degli ultimi anni, nella narrativa di genere in primo luogo, ma non solo. D’altro canto la narrativa tutta è sempre più di genere, perché un bestseller crea automaticamente i suoi replicanti. L’erotico, come lo stesso Dazieri diceva, è passato dall’essere una novità a genere narrativo in quanto tale. Stessa sorte è toccata ai vampiri in passato, ai maghetti e via via. Quest’anno in Fiera sembra che fosse la fantascienza il macrogenere che andava per la maggiore. Di conseguenza, a quanto sembra, in molti casi (non sempre ovviamente) prima viene il bestseller, dopo il genere. La domanda che rivolgiamo agli editori, specie a quelli italiani rispetto al selfpublishing allora è: come vi state attrezzando? Qual è, se c’è, la vostra strategia imprenditoriale nei confronti di queste tendenze? Qual è, se c’è, il vostro approccio nei confronti del self-publishing come bacino di nuovi talenti e di nuovi (o rinnovati) generi narrativi? (continua)

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