L’arte del leggere: Rasy “le ultime generazioni di scrittori non amano la lettura”

Scritto da Redazione on . Postato in Autori, Fiere e rassegne, News

Si può essere scrittori senza essere prima di tutto lettori? E che cosa significa essere lettori? A Più libri più liberi di Roma se n’è parlato, l’8 dicembre scorso, durante la tavola rotonda dedicata al tema “Leggere è un rischio” e organizzata dalle edizioni Nottetempo. “Non mi convincono le cosiddette politiche della lettura”, ha esordito la scrittrice Elisabetta Rasy nella discussione (nella foto insieme a Ginevra Bompiani, direttore editoriale Nottetempo). “Così come non mi convince l’idea della lettura come un’attività edificante“, ha proseguito, dicendosi in disaccordo con la visione calviniana della lettura citata dallo scrittore Alfonso Berardinelli nel pamphlet che dava il titolo alla tavola rotonda, “Leggere è un rischio”. Se una notte d’inverno un viaggiatore di Calvino inizia infatti così:

“Stai per cominciare a leggere il nuovo romanzo Se una notte d’inverno un viaggiatore di Italo Calvino. Rilassati. Raccogliti. Allona da te ogni altro pensiero […] La porta è meglio chiuderla; di là c’è sempre la televisione accesa. Dillo subito, agli altri: “No, non voglio vedere la televisione!” Alza la voce, se non ti sentono: “Sto leggendo! Non voglio essere disturbato!”

“La mia idea di lettura è diversa da questa”, ha commentato Rasy. “Penso alla lettura più come a un’attività proibita, lo trovo più produttivo che considerarla un’attività edificante. Per me non conta la lettura in sé, conta il libro, molto più dello stesso autore. Credo di essere stata fortunata perché nella mia infanzia ho vissuto un approccio non culturale alla lettura”. Da bambini, d’altronde, ha proseguito Rasy, “l’autore non esiste. Non parliamo agli autori, parliamo solo alle storie.  E se sono diventata scrittrice non è stato per un senso dell’autorialità, ma perché ho avuto l’abbaglio che la vita vera fosse quella che si trova nei libri. Sono uno scrittore rubato dalla lettura alla scrittura. E la mia è, temo, l’ultima generazione che è passata alla scrittura dalla lettura. Credo che per quelle successive non sia stato più così”.

Ha ragione Elisabetta Rasy? Le ultime generazioni di scrittori non passano più per la lettura, coltivano un’idea edificante dell’autorialità piuttosto che quel piacere proibito e infantile dell’immergersi in una storia, in quel caso la propria? Giriamo la domanda a chi ci vorrà rispondere.

 

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