Dopo l’intervista alla Libreria Croci di Varese di ieri, oggi intervistiamo Marino Buzzi, libraio, blogger e autore letterario, un punto di riferimento per tanti librai, editori o semplici appassionati del mondo dei libri su internet, dove il suo blog Cronache dalla libreria raccoglie ogni giorno riflessioni dolci-amare o semplici racconti della vita di un giovane libraio.
36 anni, emiliano, Marino Buzzi è anche autore di due libri, Confessioni di un ragazzo perbene edito da Luciana Tufani Editrice e per Ugo Mursia Editore il titolo Un altro bestseller e siamo rovinati, “diario semiserio di un libraio”. In questa intervista gli abbiamo dato del tu, visto che siamo più o meno coetanei.
Bibliocartina (D): Sei un giovane libraio che il suo mestiere lo fa tutti i giorni, però lo racconti anche, nel tuo libro e nel tuo blog: quando e perché hai scelto di diventare libraio, e come definiresti oggi la tua scelta? Come mai hai deciso di raccontarla utilizzando proprio quei mezzi?
Marino Buzzi (R): Quello di diventare libraio era un sogno che avevo da bambino, per molti anni ho lavorato come cuoco e, allo stesso tempo, studiato per potermi laureare. Dopo la laurea ho avuto la grande fortuna di trovare impiego in una libreria come magazziniere. L’ho fatto per circa due anni poi mi sono trasferito a Bologna e ho cominciato a lavorare in sala come addetto al settore saggi. Nonostante tutto quello che scrivo sul mio blog e nel libro sono felice della mia scelta, quello del libraio rimane un lavoro bellissimo anche se non so per quanto ancora la mia figura professionale esisterà. Con il passare del tempo tutte le speranze e le illusioni che avevo su questo mestiere sono state messe a dura prova così ho deciso di cominciare a raccontare la “quotidianità” di noi librai, di farlo in modo ironico e divertente, attraverso il mio blog. Alla casa editrice Mursia lo hanno letto e mi hanno proposto di fare un libro, è nato così Un altro best seller e siamo rovinati.
D: Il tuo blog è frequentato quotidianamente da altri librai indipendenti che nelle tue parole riconoscono anche i loro problemi o le loro stesse riflessioni. Che idea ti sei fatto del clima attuale tra i librai e nelle librerie italiane? Ci sono momenti, occasioni in cui potete incontrarvi anche dal vivo e scambiarvi opinioni, trucchi del mestiere, speranze o inquietudini per il futuro? Oppure siete una categoria frammentata?
R: Sul blog si incontrano tante categorie professionali, ci sono anche molti editori ed editrici (Voland, Luciana Tufani, Barbes ecc…) che lo seguono e ci sono anche moltissimi/e lettori e lettrici accaniti/e, è la cosa che mi dà più soddisfazione vedere che siamo tutti/e nella stessa barca che chi ama la letteratura vive, quotidianamente, le stesse problematiche che riporto sul blog. Il clima nelle librerie, così come nelle case editrici, nella distribuzione ecc., non è dei migliori. In parte per colpa della crisi economica che ha colpito – in un paese in cui si legge pochissimo – l’oggetto libro in modo piuttosto violento. Ma temo non sia solo colpa della crisi. Sono state fatte scelte estremamente sbagliate, a mio avviso, a livelli differenti della piramide libraria. Oggi stiamo pagando le scelte errate di un passato non troppo lontano. Per quanto riguarda le relazioni fra librai esistono diverse associazioni che, temo però, ormai sono diventate portavoce solo di una fetta di mercato. Poi ci sono le scuole librai che ti permettono di vivere in una specie di realtà onirica, nel senso che viene mostrata una realtà lontana anni luce da quella che poi noi librai viviamo quotidianamente.
D: A quali scelte sbagliate ti riferisci, in particolare?
R: Agli accordi commerciali fra case editrici e librerie che hanno permesso di far entrare in quantità enormi prodotti dallo scarso valore culturale, pompati in maniera quasi ridicola grazie al marketing, alle vetrine comprate, alle recensioni “tutte positive” e molto altro. Ma anche all’idea che un libraio preparato, invece che essere un valore per le librerie, è un problema a causa dei costi. Meglio fare contratti a chiamata utilizzando personale non qualificato. Avevo un’amica che lavorava per una famosa catena di librerie (che è anche casa editrice e distributore) le facevano contratti di mese in mese e l’avvertivano il giorno prima della scadenza. Oggi lavora lavorare all’estero.
D: “Quello del libraio è un mestiere che in quanto tale sta scomparendo”, ci ha detto ieri Rosa Addeo della Libreria Croci di Varese. “Oggi possono arricchirsi vendendo libri anche coloro che non ne hanno mai letto uno in vita loro”, la vendita di libri è un commercio del tutto simile a quello di qualsiasi altro prodotto, senza alcuna specificità aggiunta. Prova ne sia, delle sue parole, che colossi della vendita di libri online come Amazon smerciano qualsiasi tipo di prodotto, dalle scarpe agli stuzzicadenti. Sembra che del libraio si possa fare del tutto a meno, o che sia diventato poco più che un commesso, e non appunto un conoscitore di libri che allestisce il suo spazio, consiglia, sceglie la sua offerta, cura la sua clientela. Tu come vivi questa trasformazione in atto, condividi che sia davvero questo ciò che avviene, prima di tutto, e credi che ci sia ancora un futuro per il ‘mestiere’ del libraio?
R: Mi trovo, purtroppo, tristemente d’accordo con la collega Rosa Addeo. Ha ragione, il nostro è un mestiere che sta già scomparendo. Questo accade a causa delle stesse scelte dirigenziali sbagliate a cui accennavo prima. La verità è che il lavoro in libreria è un lavoro prettamente “umano”, il libraio o la libraia non smettono mai di essere tali. Vendere libri non è come vendere un paio di scarpe, non devi solo conoscere un prodotto, lo devi amare e devi amare ogni cosa che riguarda la cultura. Devi essere sempre pronto, conoscere la quotidianità e gli avvenimenti tenerti informato sul cinema, il teatro, la musica. Oggi molti di noi non riescono nemmeno più ad andare alle fiere del libro, ci vengono date sempre meno informazioni mentre i prodotti che vengono immessi sul mercato sono sempre di più. Pensano che basti mettere i libri in ordine di autore, sacrificando anche i classici, per vendere. Ma non è così. Il risultato è che in libreria entrano sempre più spesso persone disinteressate al libro mentre le lettrici e i lettori forti vanno su Amazon o IBS, fanno le proprie ricerche in internet e si arrangiano. Stiamo distruggendo quel po’ di amore per la letteratura che ancora esiste. La cosa più grave è che ormai “l’oggetto” libro è inteso solo come oggetto economico e non come oggetto culturale. Vendere una scatola di pennarelli o vendere un libro, ormai, è la stessa cosa. Non si da più nessun valore al libro, basti vedere quello che arriva in libreria. Molti editori non guardano più alla bellezza della storia ma alla sua vendibilità. E non importa se il libro fa pena, per vendere basta un buon marketing.
D: Se dovessi definirli in breve, quali credi che siano i tratti salienti del mestiere del libraio?
R: Preparazione, cultura, curiosità, gentilezza, umiltà e amore per il libro.
D: Parliamo per un attimo dei bestseller che hanno fatto ‘boom’ negli ultimi anni. Questo è stato l’anno delle 50 sfumature di grigio, rosso, e nero, e conseguenti parodie uscite praticamente in contemporanea con i libri. Molti librai ritengono che il successo di questa trilogia sia stato interamente pilotato dall’alto, pompato con pubblicità e varie pressioni sul marketing anche nei riguardi delle librerie. E’ pur vero, tuttavia, che il precedente boom letterario che ha fatto scalpore, quello della saga di Twilight, ha avuto una dinamica differente. I primi libri sono stati accompagnati da una promozione modesta, e l’attenzione sul fenomeno è cresciuta tramite il passaparola delle giovani lettrici in particolare, si è dovuto aspettare il terzo volume della saga perché i vampiri di Twilight fossero sulla bocca di tutti, oltre che al cinema. Inoltre la quadrilogia più appendici ha richiesto il suo tempo per essere pubblicata, mentre nel caso di 50 sfumature abbiamo 3 libri, dal titolo pressoché identico, di una supposta trilogia, che escono contemporaneamente. In base alla tua esperienza di professionista che idea ti sei fatto di questi ‘boom letterari’, quali sono le dinamiche che li motivano, e che effetti hanno complessivamente sull’universo dei lettori e dell’editoria, almeno in Italia?
R: 50 sfumature fa parte del prodotto “cotto e mangiato”; lo si stampa, si crea curiosità, si fa pubblicità, lo si butta sul mercato e poi si passa al nuovo genere. Per Twilight è andata diversamente principalmente perché le lettrici e i lettori hanno amato i personaggi e la storia (che io trovo piena di incredibili scopiazzature ma, magari, un ragazzo di 16 anni che non ha grosse letture alle sue spalle non può saperlo). L’autrice ha seguito il mito dell’eterna bellezza, hai questi personaggi belli, tormentati, eterni che si struggono d’amore. Non sono “assassini” perché non bevono il sangue umano ma quello animale (e quindi sono molto più simili a noi umani anche se, da vegetariano, la cosa mi fa ugualmente orrore), non hanno paura delle croci, non muoiono se esposti al sole al massimo “brillano”. Insomma sono personaggi ghiotti per inguaribili romantici. Lo aveva già fatto Anne Rice con intervista col vampiro, aveva sovvertito le regole classiche che volevano i vampiri creature orribili, assetate di sangue, che morivano con un paletto conficcato nel cuore o alla luce del sole. Il povero Bram Stoker non interessa più, il suo Dracula, anche se rimane un capolavoro della letteratura, non interessa i giovani in cerca di “bellezza” e “vita eterna”.
D: Sei il Noé dell’editoria italiana, ma con la tua arca puoi salvare solo 3 cose: quali sono le tre cose che salvi?
R: I libri. I librai. I clienti.
D: Quali sono invece 3 cose dell’editoria che butteresti senza scrupolo giù dalla rupe?
R: Gli addetti al marketing. I direttori commerciali. Alcuni editori.
D: Come ultima domanda vorrei chiederti: in questo momento a Mantova c’è un importante evento in concorso che festeggia la letteratura. L’edizione di quest’anno del Festivaletteratura è senz’altro significativa, sia come reazione di un’intera città al terremoto che solo pochi mesi fa ha colpito l’Emilia e anche il mantovano, sia per far fronte alla crisi attuale dell’editoria e in generale della lettura. Per noi di Bibliocartina che (nostro malgrado, poiché non abbiamo potuto partecipare solo per cause di forza maggiore) osserviamo dal di fuori il programma, la sensazione è tuttavia quella di un evento un po’ bulimico – come d’altra parte è tradizione, a Mantova – che compensa con la quantità di offerta la scarsa qualità di riflessione e di proposta culturale attuale. Non abbiamo trovato, in cartellone, alcun evento che ci ha fatto pensare ‘imperdibile’, ma tantissimi piccoli eventi “carini” o mediamente “interessanti”. Tu che sei anche un autore letterario, che opinione ti sei fatto di eventi come questo, e come si legano secondo te alla realtà della letteratura attuale?
Credo che qualsiasi iniziativa culturale vada presa sul serio visto il preciso momento storico che stiamo vivendo. Tuttavia penso che anche molte di queste iniziative, così come molti premi letterari, si siano svuotati di significato. Oggi, purtroppo, non è la qualità del prodotto a spingere il prodotto stesso, ma il marketing.