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Lavoratori precari dell'editoria

Lavoro: la Rete dei redattori precari si riorganizza a Roma

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La Rete dei redattori precari, realtà autorganizzata che negli ultimi anni ha condotto alcune importanti campagne contro lo sfruttamento dei lavoratori nel settore editoriale, si riorganizza nella città di Roma e invita tutti i lavoratori precari del settore a partecipare alle prossime iniziative. Pubblichiamo il loro comunicato per i media:

Un mondo di stranezze letterarie su AbeBooks.it

Vita da precari in RCS: “Questo non è un lavoro culturale, si fanno i libri ma ciò che importa sono i numeri e i conti”

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Bibliocartina ha intervistato uno delle decine di precari che collaborano con RCS Libri: tra le prime aziende italiane (e internazionali) del comparto editoriale, RCS ha annunciato nei giorni scorsi un piano di ristrutturazione aziendale che mira a tagliare personale in ogni comparto del gruppo: dai quotidiani, ai periodici, ai poligrafici e anche al settore libri.

Milano, incontro fra gli assessori e i precari dell’editoria: “Accesso a spazi e bandi comunali solo agli editori che non sfruttano”

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Ieri a Milano si è svolto un incontro fra gli assessori alla Cultura Stefano Boeri, alle politiche del lavoro Cristina Tajani e vari rappresentanti del mondo del lavoro editoriale, fra cui la Rete dei Redattori Precari che proprio qualche mese fa, a seguito delle entusiastiche dichiarazioni di Boeri sull’esito della manifestazione milanese Bookcity, aveva fatto presente a Boeri il problema delle condizioni di lavoro nelle imprese editoriali.

Milano, Rete redattori precari “In Mondadori ed RCS più del 50% di contratti atipici”. Le nostre domande a Re.Re.Pre sul precariato

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La Rete Redattori Precari, un gruppo autorganizzato di lavoratori dell’editoria milanese, ha pubblicato questa mattina sui suoi profili social un manifesto in cui si afferma che circa il 55% dei redattori presso le case editrici Mondadori (Mondadori Libri, Sperling, Piemme) e circa il 50% dei redattori presso il gruppo RCS (Rizzoli, Bompiani, Adelphi) lavora con “contratti atipici”.

RCS, i vertici aziendali si impegnano con Greenpeace a rendere “amiche delle foreste” le proprie case editrici

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Ieri abbiamo dato notizia del blitz dell’associazione ambientalista Greenpeace negli uffici di RCS, gruppo editoriale di cui fanno parte le case editrici Rizzoli e Fabbri accusate da Greenpeace di utilizzare carta prodotta radendo al suolo le foreste tropicali. In particolare, Rizzoli e Fabbri utilizzano, secondo l’associazione, carta prodotta in Cina da aziende che deforestano le foreste tropicali indonesiane, causando fra l’altro gravi danni a specie animali e vegetali a rischio d’estinzione, quali la Tigre di Sumatra (nella foto) o i preziosi alberi ramino. 

Il gruppo RCS si è impegnato tuttavia ieri con Greenpeace a istituire un tavolo tecnico “per implementare un percorso virtuoso capace di rendere tutte le case editrici RCS “amiche delle foreste”. Inoltre “sul rapporto “Favole ammazza foreste”, che abbiamo lanciato al Salone del Libro di Torino a maggio di quest’anno, il gruppo ha già preso delle misure contrattuali per evitare che nei propri libri venga impiegata carta prodotta da multinazionali controverse come APP e APRIL”, ricorda l’associazione. “Dopo Mondadori, Giunti, il gruppo Gems, Feltrinelli e De Agostini, anche RCS entra a far parte dei grandi gruppi editoriali italiani impegnati in politiche di acquisto della carta a Deforestazione Zero”. 

Greenpeace, blitz stamattina nella sede di RCS contro gli editori Rizzoli e Fabbri. “La loro carta prodotta deforestando le foreste tropicali”

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Venticinque attivisti di Greenpeace hanno realizzato questa mattina un blitz nella sede di RCS a Milano, per protestare contro gli editori Rizzoli e Fabbri accusati dall’organizzazione ambientalista di utilizzare per i loro libri carta realizzata “deforestando le foreste tropicali”, nel caso specifico le foreste tropicali indonesiane. Gli attivisti si sono vestiti da tigri e da paramedici e hanno srotolato uno striscione con scritto “Rizzoli e Fabbri malati di deforestazione”, hanno somministrato “pillole antideforestazione” sensibilizzando i lavoratori del gruppo sulle attività illecite di cui accusano l’azienda. Greenpeace ha realizzato un’indagine in cui si sostiene che la carta usata da Rizzoli e Fabbri – prodotta in Cina – presenta fibre di legno duro tropicale, provenienti dagli ultimi polmoni verdi che rimangono al Pianeta. “La Cina è il primo mercato per la vendita della carta delle multinazionali indonesiane App e April, aziende che per produrre la carta distruggono le foreste e condannano all’estinzione le ultime tigri di Sumatra e specie arboree protette dal CITES come il ramino”, sostiene Greenpeace, che aveva già catturato l’attenzione sul tema nel corso del Salone del Libro 2012 a Torino lo scorso maggio.

Feltrinelli apre un nuovo canale televisivo e web, in collaborazione con La7

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ll gruppo Feltrinelli ha ufficialmente annunciato l’accordo per la creazione di una nuova società insieme con La7. L’accordo annunciato già l’estate scorsa e oggi confermato prevede la creazione di un nuovo canale multimediale previsto per la prossima primavera e che andrà in onda su digitale terrestre, internet e web. Si tratterà secondo quanto comunica la società, di un canale di intrattenimento e approfondimento, diretto a un pubblico culturalmente vivace e attivo. Amministratore delegato della nuova società sarà Gianluca Paladini ex presidente di Digicast (gruppo Rcs), mentre Gad Lerner presiederà il comitato editoriale. Prs sarà la concessionaria incaricata della raccolta pubblicitaria. Sia il presidente Carlo Feltrinelli sia Giovanni Stella presidente di La7 hanno commentato l’accordo come un passo obbligato verso l’innovazione e la sperimentazione di nuove forme d’intrattenimento. La novità rappresentata dall’ingresso di un gigante italiano dei libri nella comunicazione multimediale non può non far pensare quanto dichiarato ieri a Bibliocartina da Massimiliano Valerii del CENSIS:La lettura dei libri è in crisi verticale e tra i consumi mediatici sopravvive solo ciò che è capace di integrarsi con la rete”. 

Legge Levi sul prezzo del libro, oggi un incontro di bilancio alla Camera. Ecco perché preferiamo non andare

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Editoriale – Questa mattina presso la sala Mappamondo della Camera dei deputati si terrà un incontro fra editori e operatori del settore librario, intitolato “Ad un anno dall’approvazione della legge sul prezzo dei libri (Legge n. 128 del 27 luglio 2011) – Gli operatori a confronto”. Bibliocartina, come anche tanti altri organi di stampa e/o blog specializzati, è stata invitata a essere presente per riferire dell’incontro, che si terrà fra meno di un’ora.

Abbiamo tuttavia scelto di non esserci, e riteniamo utile esporre ai nostri lettori le ragioni di questa scelta, che hanno a che fare con la nostra filosofia editoriale (oltre che con la sempre giusta considerazione: non siamo onnipotenti, occorre scegliere in che modo amministrare le forze sul breve, medio e lungo periodo).

Crediamo infatti che i luoghi del “confronto” fra gli operatori siano, oggi più che mai, fuori dai palazzi politici. Il luogo del confronto è dove la gente si incontra: la strada, le piazze, e certo anche i luoghi d’incontro e di comunicazione su internet, compreso un giornale online come questo che adotta le regole della comunicazione giornalistica, provando a rispettarle e a sperimentarle.

Crediamo molto poco nell’auto-referenzialità della scelta di chiudersi nelle sale parlamentari per ragionare degli esiti di una legge sul libro. Per chi non conosce la legge Levi, essa è la legge approvata poco più di un anno fa che ha per oggetto “la disciplina del prezzo dei libri. Tale disciplina mira a contribuire allo sviluppo del settore librario, al sostegno della creatività letteraria, alla promozione del libro e della lettura, alla diffusione della cultura, alla tutela del pluralismo dell’informazione.” La stessa legge prevede che le istituzioni preposte (Ministero per i beni e le attività culturali, Ministero dello Sviluppo economico e altre) stilino, a un anno dall’entrata in vigore, un bilancio della legge da far avere alle Camere. Tuttavia, non è affatto indicato, dalla legge, a quali fonti attingere per redigere tale bilancio. Il convegno di stamattina va nel senso di ottemperare alla’esigenza prevista dalla legge, e fra i relatori invitati ci sono: Aldo Addis (Libreria Koiné), Martin Angioni (Amazon), Ginevra Bompiani (Nottetempo), Alessandro Bompieri (RCS), Riccardo Cavallero (Mondadori), Marcello Ciccaglioni (Arion), Teresa Cremisi (Flammarion), Federico Enriques (Zanichelli), Gian Arturo Ferrari (Centro per il libro e la lettura), Alberto Galla (ALI), Dario Giambelli (Feltrinelli), Giovanni Ulrico Hoepli (Hoepli), Giuseppe Laterza (Laterza), Stefano Mauri (GeMS), Stefano Parise (AIB), Marco Polillo (AIE), Antonio Sellerio (Sellerio), Marino Sinibaldi in qualità di coordinatore, oltre al sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri con delega all’informazione e all’editoria, Paolo Peluffo, e a Manuela Ghizzoni presidente della Commissione Cultura della Camera.

Tutte persone che, lo diciamo sinceramente, farebbe anche comodo incontrare ai fini lavorativi. Specie a una testata giovanissima come la nostra. Contatti, scambi, sono il sale del lavoro di giornalisti: di conseguenza la nostra scelta non è senza dubbi o incertezze da questo punto di vista. Ma d’altro canto: non sono forse gli stessi nomi che circolano sempre in tutte le occasioni? Nella maggioranza dei casi, sì. Ascoltiamo da una vita, per esempio, Gian Arturo Ferrari, ex direttore Mondadori e oggi presidente del Centro per il libro e la lettura, disquisire del mondo dei libri, e non dimenticheremo mai una lezione cui circa 12 anni fa assistemmo, tenuta in un’aula dell’Università di Bologna: “Vendere libri non è diverso da vendere scatole di fagioli”, disse Ferrari. Non eravamo d’accordo allora, e non siamo d’accordo adesso, non fosse altro che perché ragionando in quest’ottica, tutto diventa vendibile. Se un libro non è diverso da una scatola di fagioli perché dovrebbe essere diverso da una persona? Riteniamo quel ragionamento di allora figlio di una logica imprenditoriale che parte e si ferma al prodotto in quanto tale (leggi: alla sua vendibilità), e che non ragiona e non valorizza il significato di un prodotto; un significato che come per ogni creazione umana, comincia da quando un prodotto, o un’opera come preferiamo chiamarla noi, viene immaginata, ideata, viene scelta come idea, e comincia a essere realizzata. Il significato di un prodotto sta nel processo creativo che lo ha portato a prendere forma, e questo processo creativo continua anche successivamente, continua nel modo in cui un libro in questo caso viene fatto viaggiare, conoscere, come arriva negli scaffali, o nelle librerie virtuali, come arriva ai nostri occhi, come entra nella nostra vita, per uscirne subito dopo, o in pochissimi casi baciati dalla fortuna, per rimanerci per sempre. Non c’è niente di elitario, in questo ragionamento, che ha pari dignità per un libro come appunto per una scatola di fagioli, ma in un senso molto diverso da ciò che intendeva Ferrari. Ogni singolo libro, ogni singolo oggetto, per noi è unico, perché rimanda alle persone: che volto ha la persona che ha raccolto quei fagioli, dov’era? Quante volte si è piegato dal mal di schiena, quante volte ha sorriso mentre lavorava, quante volte è stato ricattato, quanti soldi ha ricevuto, come vive? Se davvero vogliamo parlare bene di prodotti, cominciamo a parlar bene di persone. Non è questo il taglio dell’incontro di stamattina a Montecitorio, un incontro a porte chiuse che nell’Italia delle millecinquecento fiere del libro e della letteratura l’anno, ha quanto meno del bizzarro. Perché non tenerlo ad esempio a Mantova, al Festivaletteratura, tra migliaia di lettori? Perché non spiegare alla gente comune questa legge, e non farsi dire dalla gente comune, da librai, lettori, studenti, insegnanti, che cosa ne pensano? Sono domande che avremmo potuto porre se fossimo stati presenti? Difficile, in un incontro a relazioni blindate. Avremmo dovuto rincorrere gli editori fuori dalla porta, mentre magari si infilano nell’auto di lusso con l’autista che gli tiene aperto lo sportello. Avremo il tempo di farlo, in seguito.

Ciò che è chiaro, è che per noi il punto di partenza quando si parla di libri, non meno che quando si parla di qualunque altra cosa, è la gente comune. Gente comune che fa il suo lavoro, il suo mestiere, che legge e che scrive, che lotta per essere pagata o che si chiede cosa inventarsi per realizzare i suoi sogni senza cadere nello sfruttamento e nella frustrazione. 

Gente comune che in questo ambito (l’editoria) molto spesso non conosce ciò che fa il vicino, molto spesso neanche gli interessa conoscerlo. Bibliocartina vuole rivolgersi invece ai curiosi, a chi lo vuole sapere, ciò che fa il vicino, perché crede che questo lo aiuti a migliorare anche la sua stessa condizione, a imparare, a riconoscersi, o a differenziarsi.

In questo primo mese (neanche) di vita abbiamo scelto di rivolgerci e dare voce con sempre più convinzione alla gente comune più che ai grandi nomi. Anche perché chi decide se un nome è grande o meno? Per noi, tutta la gente è sempre gente comune, esseri umani come tutti gli altri, anche quando realizzano opere straordinarie, figuriamoci se badiamo a quante volte vanno in televisione.

Per inciso, questo è stato e sarà uno dei nostri rarissimi editoriali: crediamo che l’informazione non sia la proposizione continua del proprio pensiero. Informazione è lasciar spazio soprattutto agli altri, a ciò che fanno, che pensano, che dicono. Finora, a quanto pare, le nostre scelte sono state vincenti. Abbiamo avuto un enorme successo in termini di visite e di visitatori, quasi 3000 visitatori unici in neanche un mese, più di 20.000 pagine lette. Abbiamo bisogno di capire come fare per rendere questo giornale online uno strumento di guadagno economico, altrimenti non potremo sostentarci né sostenere le collaborazioni di cui è indispensabile (oltre che molto bello e stimolante) avvalersi, per chi vuole lavorare professionalmente. Per questo, vi comunichiamo che a breve inizieremo a inserire pubblicità nel nostro sito. Accettiamo volentieri (come immaginerete) anche proposte pubblicitarie ad hoc, anzi ci piacerebbe, prima di doverci rivolgere a Google o ad Amazon.

Proveremo presto anche a saggiare l’ipotesi “diventa un nostro abbonato”, con formule creative ma comunque basate su un assunto nel quale crediamo molto: l’informazione è indipendente soltanto se finanziata a livello popolare dal grande pubblico dei lettori. L’informazione costa, e costa cara. Se non è il lettore che la permette con il suo piccolo contributo diffuso, saranno i poteri forti (economici e/o politici) a goderne, e inevitabilmente, ad influenzarla. Questo è quanto accade in Italia da sempre, ma negli ultimi anni la diffusione del giornalismo online ha contribuito ad accrescere la pessima disabitudine di ritenere che l’informazione sia gratuita, o addirittura di pensare che sia migliore, e più “giusta”, perché gratuita. Non è evidentemente così. 

Quindi che cosa faremo stamattina, invece di andare a Montecitorio? Scriveremo altre notizie, ma prima di tutto leggeremo. E proveremo a immaginare, a capire, a farci buone domande su “Il futuro del libro“.