San Felice sul Panaro: riapre la biblioteca comunale dopo il terremoto. “Questa è nata nel 1873 come biblioteca popolare, e oggi è di nuovo la popolazione a sostenerne la rinascita”.
Articolo di Sara Crimi – Immagini di Claudio Lanzoni
Si chiama BiblioPark, ed è il nuovo progetto della biblioteca comunale di San Felice sul Panaro, uno dei comuni colpiti dal sisma che ha devastato la Bassa emiliana lo scorso maggio. L’appuntamento era stato fissato per sabato 1° settembre, ma è stato annullato per pioggia, il che tuttavia non ha impedito a una quindicina di persone di presentarsi lo stesso per un saluto e due chiacchiere. Ieri si è replicato: inaugurazione ufficiale con l’Assessore alla Cultura, Giulia Orlandini, la bibliotecaria Cristina Picchietti e la scrittrice Barbara Baraldi, che pubblica – fra gli altri – con Mondadori e Einaudi ed è molto amata dai lettori italiani, europei e americani del genere fantasy e noir.
Le persone arrivano alla spicciolata, si guardano intorno, prendono posto sulle sedie sistemate sotto al gazebo: si respira un’aria familiare, si conoscono tutti, è evidente che sono felici di ritrovarsi e ritrovare un punto di incontro importante.
Scambio due chiacchiere con Giulia Orlandini. Di lei mi colpiscono anzitutto la giovane età e la determinazione. Mi spiega che la biblioteca, un edificio in cemento armato composto da un auditorium e dalle sale con le raccolte, è stata parzialmente lesionata nei piani superiori e che si stanno facendo le necessarie valutazioni per la messa in sicurezza. È presto per parlare di preventivi, denaro e tempi, ma i progetti ci sono e il Comune è intenzionato a portarli a termine al più presto, perché, in una cittadina come San Felice che ha perso tutti i punti di riferimento culturali (sono crollati il teatro e la Rocca, dove si organizzavano eventi musicali e mostre di pittura e fotografia, e molto altro) la biblioteca rappresenta un luogo cruciale per l’aggregazione, l’incontro, lo studio e il tempo libero per tutta la popolazione (la biblioteca aderisce al progetto “Nati per leggere” rivolto ai bambini, le sue sale di lettura e l’emeroteca erano frequentate dagli adulti, mentre i giovani e gli studenti si avvalevano del servizio di consultazione e prestito, prestito inter-bibliotecario ed ebook). All’indomani del sisma del 20 maggio, spiega ancora Orlandini, la città ha vissuto un mese “in trincea” e tutti si sono impegnati al massimo per riorganizzare le necessità essenziali della cittadinanza; gli impiegati comunali sono stati comandati al COC, il Centro Operativo Comunale, spesso in ruoli diversi da quelli consueti. Non per questo si è persa di vista la situazione della biblioteca, tanto che l’Assessore si è rivolta a due volontari che avevano costruito una casetta di legno per l’AUSER e ha chiesto loro di realizzarne un’altra. Oggi, grazie al lavoro gratuito di queste due persone, nel giardino antistante l’auditorium (da qui, il nome BiblioPark) sorge un’accogliente casetta di legno verniciata e decorata.
Con Barbara Baraldi parliamo di libri, di memoria, di luoghi che non esistono più. Ci parla del rapporto di sincerità emozionale con i lettori, che riconoscono nei suoi libri se stessi e i propri riferimenti geografici, di come, a seguito del terremoto, si sia attivata una fitta rete di solidarietà mossa dal sentimento di “comunanza”, che tutti spiegavano con la frase “sarebbe potuto accadere anche a noi”. Per Barbara, la scrittura è il simbolo di qualcosa di più grande, e di rinascita: ci racconta di come abbia revisionato le bozze del suo ultimo romanzo di notte, in auto o in tenda, di come il lavoro di scrittrice l’abbia aiutata a elaborare l’esperienza traumatica, proprio come accade con i lettori che, oggi, si riappropriano della loro biblioteca.
La parola passa alla bibliotecaria Cristina Picchietti che, visibilmente emozionata, riassume in poche frasi gli ultimi mesi: ringrazia tutte le persone che l’hanno aiutata, a partire dall’Assessore che le ha concesso di lasciare il lavoro al COC per occuparsi del recupero del patrimonio librario, i volontari che, ogni giorno, hanno lavorato con lei al reperimento dei cartoni nei quali classificare i libri, i costruttori della casetta di legno, i colleghi del CEDOC che hanno fornito un computer. La biblioteca, ci spiega, nasce nel 1873 come “biblioteca popolare”, dalle donazioni dei cittadini, non stupisce dunque che, a quasi un secolo e mezzo dalla sua fondazione, siano di nuovo i cittadini a sostenere la “loro” biblioteca. Una volta recuperato il patrimonio librario, Cristina l’ha catalogato secondo il sistema Dewey e riposto in scatole di cartone, che ha sistemato nell’auditorium. Mi porta a vederlo, e resto stupefatta davanti a questo teatro con i libri al posto degli spettatori. Mi indica una scatola e mi racconta che pochi giorni prima una ragazzina è andata a chiedere un Flaubert, “lo devo leggere per la scuola”; adesso ci vuole circa mezzora per reperire un volume, ma la studentessa è stata fortunata, perché il libro che cercava “era sopra alla pila”. Nella casetta di legno è riuscita a sistemare 3000 volumi, una rappresentanza di ogni sezione (narrativa, ragazzi, ricerca…); mi racconta che, quando le hanno comunicato che avrebbe avuto 16 metri quadri a disposizione, ha tracciato delle linee sul pavimento per rendersi conto dello spazio effettivo e ha cominciato a fare le prove di sistemazione, come un geometra alle prese con un progetto. “La biblioteca”, conclude, “non è solo un contenitore di libri, è un luogo di incontro importante, e i cittadini hanno dimostrato di averla a cuore”.